“Il pensiero meridiano”
Il Pensiero Meridiano
di Ursula Basta
“Occorre restituire al Sud l’antica dignità di soggetto del pensiero, interrompere una lunga sequenza in cui esso è stato pensato solo da altri. Il pensiero meridiano è, innanzitutto, riformulazione dell’immagine che il Sud ha di sé: non più periferia degradata dell’impero, ma nuovo centro di un’identità ricca e molteplice, autenticamente mediterranea”. Franco Cassano, Il Pensiero Meridiano
Un articolo questo dedicato a Franco Cassano, sociologo, politico e professore ordinario di Sociologia e Sociologia dei Processi culturali e comunicativi all’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, venuto a mancare lo scorso 23 febbraio.
Un articolo che aspettava da qualche tempo di essere pubblicato, con il quale volevamo scrivere del perché del nome della nostra associazione, riprendendo inevitabilmente il lavoro di Cassano de ‘Il pensiero meridiano’.
Potremmo descriverlo come una volontà, una spinta a voler ripensare il nostro territorio, meridionale e fortemente legato al Mediterraneo. Proporre modelli di sviluppo che non rispondono per forza a modelli a noi estranei o che poco ci somigliano, ma anzi che riprendono il nostro intero immaginario di riferimento e partono da lì per nuove ipotesi.
Una scommessa, sul territorio e sulle persone che, malgrado tutto, decidono giorno per giorno di restare, costruire, alcune di loro di tornare.
Una risposta alla domanda “che fare?” e al fattibile: risposte, programmi, progettazione, responsabilità.
Il Pensiero meridiano e Fili Meridiani
Franco Cassano esprime bene la nostra idea in merito a come il processo di riacquisizione dello spazio locale in maniera non globale potrebbe farci pensare a un nuovo tipo di dinamica geografica e sociale, di mediazione.
”Il Mediterraneo – dice Cassano – è luogo d’incontro fra un tempo non ancora colonizzato dall’economia e un’idea antica di convivenza e socialità. Chi vive sul confine è irriducibile all’integralismo perché si incontra sempre con l’altro”.
Questo è il carattere che forse più ci appartiene, e che risponde a una storia millenaria di scambi, prima del nomadismo, dell’emigrazione, dell’erranza.
Dove vi è scambio vi è speranza, per un’umanità che lascia alle spalle la deriva di questo occidente che ha perso in questo senso l’antica luce mediterranea. Questo non per esprimere una nostalgia di quello che una volta il Mediterraneo poteva rappresentare ma, al contrario, guardando nuovamente a quei veicoli di scambio e contaminazione. Questi sono gli elementi che oggi più che mai diventano necessari per una rinascita in una certa direzione: locale e meridionale, autentica.
Il sentimento meridiano dunque non è prettamente inteso come qualcosa del sud dell’Italia o del sud dell’Europa. Al contrario, è qualcosa che riguarda il carattere di un popolo che storicamente vive di scambio, e vede in questo e geograficamente nel mare una possibilità per il nuovo, per costruire.
Parallelamente, Fili meridiani è un’Associazione fisica e virtualmente una piattaforma che vive di questo scambio, dei contributi e delle storie di gente mobile, per necessità, per storia. In questo vive la speranza per la costruzione di una nuova umanità, nel recupero del suo carattere più antico e vero, fatto di amicizia e di porti.
Il mondo liquido
Il ritorno a questo sud, al pari di una moderna Odissea, è il ritorno a questo bacino storico della memoria collettiva di questa parte di mondo. Un mondo liquido e mobile, di cui bisogna non solo evocare un passato storico e mitico, ma accettare il paradigma della sua misura, nel bene e nel male.
“Il Mediterraneo rappresenta per l’intellettuale francese la ricerca della misura, nel dialogo tra il suo essere liquido, infinitamente mutevole e la terra; è ombra e sole ad un tempo, dove l’ombra è ineliminabile perché altrimenti il sole brucia e consuma”.
Ilaria Guidantoni, Il Mediterraneo di Camus: il pensiero meridiano e la Grecia della Cabilìa
Questa liquidità è la fonte battesimale a cui ci riferiamo come carattere delle relazioni, delle modalità di approccio e di scambio. Narra di come i luoghi possono essere vissuti, senza svenderli a un mercato loro lontano, a pratiche e rumori che a essi non appartengono, a un consumismo lontano dalla loro natura.
Dovremmo capire come portare questo carattere nel mondo dell’oggi. E scegliere cosa da qui può nascere, come riportare le persone nei nostri luoghi. Trasformarli nuovamente non in semplici luoghi di passaggio, ma posti in cui diventa possibile pensare di restare.